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Rivista Capitale Intellettuale

Rivista Capitale Intellettuale Febbraio 2016 "Il Bilancio del Capitale Intellettuale di Lapam Federimpresa" (autore)

Il primo di luglio a Modena, presso l'Auditorium del Tecnopolo del Campus di Ingegneria Enzo Ferrari Lapam Federimpresa ha presentato il proprio Bilancio del Capitale Intellettuale. Il Documento, intitolato “La gestione del Valore”, è stato sviluppato con l’intento di creare uno strumento finalizzato a fornire informazioni e indicazioni sugli intangible dell’associazione e di come questi vengano individuati, misurati e migliorati.

L’obiettivo di tale bilancio, quindi, è quello di presentare, in modo chiaro e trasparente, gli asset relativi al Capitale Umano, Capitale Strutturale e Capitale Relazionale e come essi siano considerati elementi di rilievo nell’ambito della gestione strategica dell’associazione che ha come missione quella di rappresentare gli imprenditori tutelandone gli interessi e accompagnare le imprese del territorio nel loro sviluppo proponendo soluzioni, servizi e consulenze. Questa iniziativa è stata condotta in coerenza a quanto raccomandato dalle Linee Guida emesse dal Ministry of Science Tecnology and Innovation della Danimarca. Tali linee guida hanno costituito un riferimento teorico nella fase di impostazione del progetto, un aiuto nella fase di analisi degli intangibili e un valido sistema di riferimento nella fase di strutturazione e stesura di tale bilancio.

 

Rivista Capitale Intellettuale

Rivista AIAF N°97 Dicembre 2015 "La Gestione strategica del Capitale Intellettuale Lapam" (autore)

Lapam Federimpresa, importante associazione del territorio di Modena e Reggio Emilia che conta 12.000 imprese, quest’anno ha pubblicato il suo primo Bilancio del Capitale Intellettuale. In questo documento l’associazione si racconta in un nuovo modo e spiega perché, in questo periodo di crisi e difficoltà, dove molti mettono in discussione il ruolo dei corpi intermedi, ha deciso di comunicare la composizione del suo patrimonio intangibile e come se ne prende cura, nella consapevolezza che è proprio grazie a questo capitale che riesce a generare valore per tutti i suoi numerosi portatori di interesse.

Il documento si presenta con una grafica semplice ma gradevole e dopo le consuete lettere di apertura da parte del Presidente Generale e del Segretario Generale, che fungono da introduzione, si passa a chiarirne le finalità spiegandone così il duplice scopo. Tale bilancio, infatti, vuole essere sia uno strumento di gestione sia uno strumento di comunicazione. In qualità di strumento di gestione definisce le sfide per lo sviluppo del patrimonio intangibile e le declina in iniziative di breve termine monitorandone gli sviluppi. Come strumento di comunicazione, evidenzia le modalità attraverso le quali l’organizzazione intende creare valore, con un’attenta gestione delle proprie risorse intangibili, a favore dei propri portatori di interesse.

 

Rivista Capitale Intellettuale

Rivista Capitale Intellettuale Giugno 2015 "Sostenibilità: quale è il contributo delle risorse intangibili? " (coautore)

Ogni organizzazione possiede/ha accesso a risorse intangibili che rientrano in tre dimensioni che secondo una consolidata tripartizione letterale e le più autorevoli fonti internazionali vengono suddivise in quella del capitale umano, strutturale/organizzativo e relazionale. Spesso, a seconda del modello di business adottato e/o del proprio settore di attività una di queste dimensioni può rivestire una maggiore importanza rispetto alle altre due, ma solo l’armonica connessione che si viene ad instaurare tra tutte e tre rappresenta un importante value driver per la sostenibilità e un elemento distintivo rispetto ai concorrenti in quanto ricopre un ruolo strategico fondamentale. Tra i primi modelli che nel corso degli anni sono stati proposti a livello accademico ed utilizzati nella prassi aziendale e professionale i quali hanno adottato un approccio strutturato per la narrazione delle risorse intangibili possono essere citati lo Skandia Navigator di L.Edvinsson e M.S.Malone, l’Intangible Assets Monitor di K.E.Sveiby e il Value Chain Scoreboard di B.Lev.

 

QuadernoAiaf163

Quaderno Aiaf 163 Dicembre 2014 "Intangibili e Sostenibilità" (coautore)

Negli ultimi anni del XX secolo è diventato sempre più evidente che la capacità di creazione del valore nel breve, medio e lungo termine, è imputabile, oltre che alla proprietà dei beni tangibili, sia fisici sia finanziari, anche all’accesso a risorse intangibili, ossia assets identificabili con valenza economica non dotati di fisicità molti dei quali, a causa delle difficoltà tecniche, per il momento, ancora implicite negli attuali strumenti contabili, restano spesso invisibili nei tradizionali bilanci di esercizio ed è sempre più avvertita quindi la necessità di disporre – a fini sia gestionali interni, sia di comunicazione verso l’esterno – di un patrimonio informativo più ampio e pregnante rispetto anche a questa tipologia di risorse-chiave di un’organizzazione. Da un’indagine compiuta da Margaret Blair nel 1982 il rapporto tra il patrimonio tangibile delle società industriali costituito da proprietà immobiliari, stabilimenti ed attrezzature in rapporto al loro valore complessivo di mercato era pari al 62,3%. Dieci anni dopo tale percentuale era già scesa al 37,9 % Si sta quindi verificando la situazione in cui oltre la metà del capitale investito da parte di una impresa è in assets intangibili ancorché il loro valore non è riflesso integralmente nello Stato Patrimoniale dei bilanci aziendali.


Rivista Aiaf

Rivista Aiaf N°86 Marzo 2013 " Il Report Integrato e l’Intellectual Capital Statement" (coautore)

Molto spesso quando si parla di Report Integrato viene citato il libro “One Report” del professore R. Eccles della HBS e M. Kruzs2 con i quali autori ci si trova sicuramente in accordo con molte affermazioni riportate, quali: “One Report” significa comunicare attraverso lo strumento di un unico documento a tutti gli azionisti (oltre agli stakeholders, ai dipendenti, ai clienti o NGO) una visione integrata a trecentosessanta gradi dell’azienda; in termini più ampi, scopo di un documento che presenta le caratteristiche di essere “One Report”, è quello di includere congiuntamente informazioni sia finanziare e sia non-financial (spesso definite anche extrafinancial3) in modo che è possibile per i lettori comprendere come i vari aspetti del business interagiscono fra di loro e quali impatti hanno sulla capacità dell’organizzazione di creare valore a breve, medio e lungo termine. Con un particolare riferimento ai contenuti del testo “One Report”, tra le principali osservazioni che vengono riportate da coloro che hanno avuto occasione di leggerlo, vi è l’attenzione che le varie organizzazioni devono prestare, attraverso tale documento, al valore della comunicazione nei confronti di tutti gli stakeholder tra i quali anche quelli che non sono abituati a leggere e comprendere con precisione i bilanci annuali come i dipendenti, i clienti ed i fornitori.


Rivista Aiaf

Rivista Aiaf N°78 anno 2011 ” Leadership e Intelligenza Emotiva: la valutazione del Potenziale Inespresso” (coautore)

È ormai riconosciuto che il valore di un’azienda dipende in larga parte, oltre che dagli assets tangibili anche dalle risorse intangibili, molte delle quali invisibili nei tradizionali bilanci di esercizio, ossia assets identificabili con valenza economica non dotati di fisicità suddivisi, in accordo con le più autorevoli fonti internazionali ed una diffusa schematizzazione letteraria, nelle tre dimensioni del:

  • capitale umano rappresentato dalle conoscenze, le competenze, le capacità e le esperienze maturate da chiunque lavori all’interno di una organizzazione. È riconosciuto che queste risorse sono in grado di generare una ampia quota del valore benché non possono essere possedute direttamente da parte dell’organizzazione,
  • capitale strutturale, al contrario del capitale umano, appartiene all’azienda ed è rappresentato da tutti quei processi standardizzati e conoscenze condivise che supportano gli individui nell’espletamento del loro lavoro e restano in azienda la sera! Include sia tradizionali asset tangibili quali la liquidità, gli immobili, l’hardware, il software, le proprietà intellettuali, sia molti asset intangibili quali la cultura, la conoscenza organizzativa e i processi aziendali codificati, il sistema informativo e i database che consentono a una impresa di soddisfare le richieste del mercato
  • capitale relazionale inteso come l’insieme delle relazioni dirette ed indirette instaurate con tutti coloro che entrano in contatto con l’azienda, ovvero con i suoi stakeholder quali i clienti e i partners, la sua reputazione e il brand image. Una posizione di assoluto rilievo è occupato dai clienti, tanto che spesso sia in ambito accademico sia in ambito professionale si indica il capitale relazionale utilizzando l’espressione “capitale clienti”.

Rivista Finance Business Review

Rivista Finance Business Review Settembre 2009 "Il Valore del Capitale Intellettuale" (autore)

Il valore di un'azienda non è strettamente legato ai dati contabii. Il patrimonio di un'attività sconfina e si allarga nel mondo delle idee, delle relazioni e delle aspettative di crescita. Sono questi alcuni degli elementi "intangibili verso cui cresce l'attenzione da parte degli imprenditorie dei consulenti. Negli ultimi venti anni abbiamo assistito ad un crescente aumento del divario tra il valore di mercato delle imprese e il loro valore contabile. Di conseguenza dalla prima metà degli anni ’90 si è cominciato a parlare con insistenza di nuovi approcci per la misurazione e la gestione del valore di un’azienda, con l’obiettivo di superare l’inadeguatezza dei tradizionali modelli contabili. Va comunque osservato che il bilancio, e nello specifico lo stato patrimoniale (a partire dal quale si ricava il valore contabile), non ha mai avuto tra le sue finalità quella di determinare il valore di impresa; il suo scopo, infatti, è quello di esprimere una misura relativa alla dimensione del capitale investito, ovvero delle risorse finanziarie che nell’impresa si trovano impiegate. La differenza tra il valore di mercato ed il valore “di libro” in alcuni di questi approcci viene chiamata Capitale Intellettuale o capitale Intangibile; cosa certa è che queste definizioni non aiutano a comprendere di che cosa si tratti. Di sicuro le dimensioni di questo patrimonio Intangibile sono considerevoli per la maggior parte delle aziende, superando molto spesso il valore contabile.


RivistaAiaf

Rivista Aiaf N° 69 Dicembre 2008 "Il Capitale Intellettuale delle aziende italiane" (coautore)

Da alcuni anni anche in Italia si parla di Capitale Intellettuale: sempre più numerosi sono gli articoli che trattano di questo argomento e hanno fatto la loro comparsa in libreria numerosi testi che cercano di approfondire le tematiche degli intangibles. Il premio ICV (Intellectual Capital Value), giunto alla sua seconda edizione, è stato avviato al fine di promuove in Italia l’attenzione al Valore del Capitale Intellettuale, sulla scia di quanto da tempo istituzionalmente riconosciuto a livello internazionale, per sensibilizzare le aziende, imprese e non, al valore strategico dell’Intangibile e premiare le organizzazioni che si impegnano nel coltivare e sviluppare il proprio Capitale Intellettuale. Il premio nasce nel 2007, per iniziativa di Franco D’Egidio1 alla cui memoria è oggi dedicato, pioniere nell’introdurre e realizzare in Italia il “Bilancio dell’Intangibile”. L’ICV Award nel 2008 è stato sviluppato da Summit2 e Neo-Polis3 che, congiuntamente, hanno effettuato una impegnativa raccolta di informazioni che da un lato hanno permesso di stilare la classifica delle organizzazioni premiate e dall’altro lato hanno concesso di visualizzare un interessante spaccato della gestione degli intangibles da parte delle aziende Italiane.


RivistaAiaf

Rivista Aiaf N° 65 Dicembre 2007 "I Campioni del Capitale Intellettuale" (coautore)

Intellectual Capital Value Award 2007 Da tempo il gruppo di lavoro di Aiaf denominato “Mission intangibles” si occupa di proporre le più innovative tematiche relative alle risorse intangibili e al capitale intellettuale. Questo impegno, iniziato nel anno 2001, ha visto la pubblicazione di numerosi articoli e quaderni Aiaf e continua con il presente articolo che prende spunto da un importante evento che ha caratterizzato il mese di ottobre e ha visto la premiazione di alcune aziende che in Italia si sono distinte per l’impegno profuso a favore della crescita e comunicazione del proprio Capitale Intellettuale. Il premio ICV (Intellectual Capital Value Award), istituito dalla società Summit in occasione del suo 25° anniversario, è nato dalla volontà di diffondere la consapevolezza della valenza strategica che il capitale intellettuale riveste per le aziende che in Italia. La cerimonia di premiazione ha avuto luogo al Palazzo Mezzanotte della Borsa Italiana il 4 ottobre 2007, e il chairman dell’evento è stato Walter Passerini di Job 24 – Il Sole 24 Ore. Al premio si sono candidate oltre 160 aziende di media o grande dimensione operanti in Italia. Le selezioni sono state effettuate su una base informativa di dati afferenti tutte le dimensioni che caratterizzano il Capitale Intellettuale.


Rivista Il Valore

Rivista Il Valore Novembre 2007 "Quale Cultura per promuovere l’innovazione" (autore)

Che in Italia la cltura dell'innovazione faccia fatica ad affermarsi è cosa certa, meno chiaro è invece il prechè di questo fenomeno. Tra le cause principali sicuramente c’è l’incapacità di riconoscere e premiare lo spirito imprenditoriale di manager e collaboratori. In molte aziende lo si ritrova talvolta espressamente enunciato tra i valori aziendali "incorniciati" sui bianchi muri degli uffici del top management, ma in realtà l’azienda non fa nulla di concreto per promuovere questo spirito. Molto spesso mancano, infatti, le condizione per praticare l’iniziativa, mancano i necessari livelli di autonomia, manca cioè quello che la letteratura anglosassone chiama “empowerment”. Quando hanno una buona idea molte persone non sono messe nelle condizioni per poterla promuovere e tradurla nella pratica, altre volte la propongono ai capi senza ricevere le necessarie attenzioni, oppure, nei casi peggiori, se la vedono rubare da altri, assieme ai meriti. Di fatto molte aziende non possiedono un sistema premiante in grado di riconoscere chi propone idee innovative e soprattutto chi agisce in modo proattivo accettando il rischio di sbagliare. Il grosso dei sistemi premianti, invece, sono focalizzati alla misurazione di parametri facili da valutare come l’efficienza, l’efficacia, i volumi di produzione e il fatturato. In breve, se un’azienda vuole orientarsi veramente all’innovazione non può esimersi dal riconoscere e premiare gli innovatori.


Rivista Il Valore

Rivista Il Valore Settembre 2007 "Il Valore concreto dei beni Intangibili" (autore)

Sono intangibili ma se gestiti strategicamente danno risultati più che concreti. Gli asset di un'azienda quali cultura, marchi, innovazione e brevetti, stanno diventando voci sempre più importanti perché giocano un ruolo determinante nelle performance economiche delle imprese. Guai a perderli di vista, dunque, perché oggi più che mai sono loro a fare la differenza tra un azienda e l'altra. Basti pensare a Google, nonostante il suo fatturato superi di poco i 13 miliardi di dollari, la capitalizzazione di Borsa è superiore a 160 miliardi. A riprova del fatto che il mercato non guarda solo i numeri del bilancio tradizionale. La forza del brand, la motivazione del personale, il numero dei brevetti depositati, la capacità di innovare, solo per fare alcuni esempi, sono elementi che determinano il successo di un'azienda. Fattori che vengono sempre più spesso presi in considerazione anche dagli analisti finanziari quando si trovano a dare consigli di investimento a operatori istituzionali. Non è un caso che Borsa Italiana abbia commissionato a Summit, che si è avvalsa della collaborazione di Aiaf (Associazione Italiana degli Analisti Finanziari) una ricerca sul valore degli intangibili all'interno del segmento STAR di Borsa Italiana.


Quaderno Aiaf

Quaderno Aiaf 131 Giugno 2007 "Il valore degli Intangibili del Segmento STAR" (coautore)

La ricerca “Il Valore degli Intangibili del Segmento STAR” nasce dalla volontà di verificare l’esistenza di benefici che le aziende ottengono in relazione all’appartenenza a tale segmento di Borsa Italiana analizzandone le caratteristiche strutturali specifiche ritenute alla base della generazione di valore. Dall’analisi, condotta attraverso due indagini, una rivolta alle aziende che appartengono al Segmento STAR e l’altra agli analisti finanziari nonché uno studio basato su dati storici / statistici finalizzato a rilevare delle evidenze empiriche a conferma dei risultati delle due indagini, è emerso come le caratteristiche del Segmento STAR risultino strettamente correlate alla dimensione delle risorse intangibili (intangibles). Oggetto d’indagine è stato innanzitutto l’ambito del capitale relazionale, inteso come il patrimonio di relazioni generato per le aziende STAR ed i loro stakeholder, quindi quello del capitale umano costituito dalle persone, le loro conoscenze, competenze idee e comportamenti e infine quello del capitale strutturale costituito dalle modalità operative e la capacità di trarre rilevanti benefici dall’organizzazione. Dall’indagine rivolta alle aziende del Segmento STAR è emerso, infatti, come l’obbligo di soddisfare i requisiti e disporre dei servizi, richiesti per l’appartenenza a tale segmento, produca effetti positivi nelle tre classiche dimensioni del capitale intellettuale.


Rivista Aiaf

Rivista Aiaf N° 59 Luglio 2006 "Gli indicatori intangibili del Gruppo Brembo" (coautore)

Negli ultimi decenni è diventato sempre più evidente che la capacità delle organizzazioni di creare valore in modo sostenibile è imputabile, oltre che alla proprietà dei tradizionali assets tangibili, sia fisici sia finanziari, anche all’accesso a risorse intangibili, ossia risorse a valenza economica non dotate di fisicità alle quali è imputabile un’ampia quota del maggior valore che il mercato attribuisce ad una azienda (market value) rispetto al suo valore contabile (book value). Tuttavia, nonostante la riconosciuta rilevanza delle risorse intangibili nell’odierna economia, suddivise secondo una diffusa schematizzazione letteraria e le più autorevoli fonti internazionali nelle tre dimensioni del capitale umano, strutturale e relazionale, sono ancora relativamente poche le organizzazioni che hanno avviato un processo sistematico e strutturato di identificazione di queste risorse focalizzato non solo sui risultati, ma soprattutto sul legame di causa ed effetto tra specifici investimenti in capitale intellettuale e relativi esiti. Le attività finalizzate sia alla misurazione e gestione interna, sia alla comunicazione esterna, paiono ancora inadeguate, e non idonee a fornire informazioni al management puntuali ed attendibili. Questo comporta che tali risorse vengono spesso non adeguatamente riflesse nei tradizionali bilanci e reporting aziendali e gli stessi utenti di queste informazioni, tra i quali gli investitori e gli analisti finanziari, evidenziano come esista una sostanziale differenza tra il numero e/o la qualità delle informazioni da loro richieste e quelle effettivamente disponibili nei reports aziendali.


Quaderno Aiaf

Quaderno Aiaf 126 Aprile 2006 "Innovation focus Indicators – Gestire e misurare l’innovazione nelle imprese" (coautore)

Se il bilancio d’esercizio rappresenta, in larga misura, la fotografia di decisioni prese da un’azienda in esercizi precedenti, il report del capitale intellettuale svolge invece una funzione del tutto simmetrica: esso consente, per molti versi, di “leggere” con anticipo l’evoluzione del bilancio dell’azienda negli esercizi successivi. Vi troviamo infatti la rappresentazione dell’insieme dei vantaggi competitivi sostenibili dell’impresa, dai quali potranno scaturire nel futuro utilità economiche. In tale ottica, il report del capitale intellettuale è l’elenco delle potenzialità future dell’azienda, una misura della sua capacità di competere sul mercato, ovvero una prima evidenza di sintomi di debolezza da cui potranno scaturire, se non gestiti per tempo, situazioni di crisi aziendale. Ben si comprende quindi la continua e crescente attenzione che l’Aiaf dedica al tema degli asset intangibili d’impresa e alle diverse metodologie di reporting del Capitale Intellettuale. Il percorso che l’Aiaf ha iniziato nell’anno 2000 con il progetto “Mission Intangibles”, si arricchisce ora di un nuovo impor tante contributo: il Quaderno n.126, dedicato all’innovazione d’impresa, un tema centrale sia per il fondamentale contributo nel processo di creazione del valore, sia per la trasversalità nelle dinamiche gestionali dell’impresa stessa.


Rivista Espansione

Espansione Gennaio 2006 " Dal capitale intangibile una misura del vero valore" (autore)

Circa l’85% dei 3.000 manager intervistati in una recente indagine condotta da Summit ha dichiarato che il bilancio tradizionale non consente di valutare la capacità dell’impresa di competere in futuro. E due terzi (64%) reputa il bilancio insufficiente anche per una corretta valutazione del valore aziendale attuale La vera competizione, ormai, si gioca sui fattori intangibili: il capitale umano, la cultura d’impresa, la leadership dei capi, la ricerca e innovazione continua, la reputazione, la forza del brand, la vivacità di pensiero. Paradossalmente chi concentra i suoi sforzi sui fattori intangibili, tende a costruire una cultura inimitabile e non soffre della concorrenza. I prodotti si possono copiare. La tecnologia si acquista. Le idee si clonano. Le best practice si adottano. Ma i fattori intangibili non si possono replicare: sono il patrimonio genetico che distingue una azienda da tutte le altre. L’individuazione, la gestione e l’accrescimento degli intangibles costituisce un dovere, del management dei nostri giorni. Ma quali sono le risorse intangibili? L’International Accounting Standard Commitee attraverso gli IAS 38 definisce gli intangibles come “una risorsa non monetaria, identificabile, senza sostanza fisica, posseduta per la produzione o la fornitura di beni o servizi”.


Rivista Aiaf

Rivista Aiaf N° 56 Ottobre 2005 "Teddy: il primo bilancio intangibile del pronto moda" (coautore)

Sembra essere finito il tempo in cui "l’abito faceva il monaco". I "nuovi" giovani preferiscono indossare capi alla moda, assecondare nuovi capricci, farsi invadere dai colori, a patto che la spesa non sia eccessiva.Una sorta di democrazia del vestirsi, ma nella dittatura di chi è in grado di proporre collezioni ogni due settimane: una settimana per i tempi tecnici della produzione e tre giorni per la produzione all’ingrosso. Altri tre giorni per il dettaglio e in due settimane si è sul mercato con una nuova collezione. È questo ciò che oggi si intende per pronto moda; una filosofia che si sta dimostrando vincente anche sul piano dei bilanci di fine anno. L’errore più comune - si lamentano i protagonisti di questa nuova tendenza - è di identificare il pronto moda con abbigliamento a basso costo. Si può essere “prontisti” producendo e commercializzando sia capi costosi sia capi economici. I drivers del valore del pronto moda si rifanno alla velocità, alla prontezza di organizzare i campionari, all’attenzione maniacale nel produrre quello che il mercato richiede in quel determinato momento. Anche gli spagnoli di Inditex (principale marchio Zara), gli svedesi di H&M, e i francesi di Pimkie adoperano il sistema del pronto moda e il loro successo ha ridato dignità a quella moda che ogni due settimane mette nei negozi nuove collezioni con prodotti a basso prezzo, avvalorando la bontà del sistema.


Rivista Aiaf

Rivista Aiaf N° 53 Gennaio 2005 "Un buon esempio: il Bilancio Intangibile in Banca Agrileasing" (coautore)

La decisione di Banca Agrileasing di redigere il primo Bilancio del Capitale Intangibile di un istituto creditizio italiano, è nata dall’esigenza di conoscere a fondo, comprendere, gestire e valorizzare gli asset intangibili, ovvero il patrimonio di conoscenze, competenze, reputazione, relazioni, immagine che l’azienda ha sviluppato nel corso degli anni e che rappresentano sempre più un fattore critico di successo e il motore di sviluppo delle aziende. E tutto ciò cercando nel contempo di spiegare le crescenti differenze tra “market value”e “book value”. Un’azienda, infatti, è un “organismo” vivo e complesso, che interagisce con un ambiente fatto di regole, norme, leggi, esigenze ed aspettative degli azionisti, dei clienti, dei collaboratori, dei fornitori e della società in genere. La natura di azienda prodotto del sistema del Credito Cooperativo aggiunge un ulteriore elemento di complessità in quanto le Banche di Credito Cooperativo (BCC) sono, per Banca Agrileasing, contemporaneamente azionisti, fornitori di provvista, clienti e distributori: uno stakeholder multiruolo che manifesta esigenze di volta in volta diverse.


RivistaAiaf

Espansione Novembre 2001 "Employee Satisfaction". Articolo sulle metodologie di misurazione degli aspetti che determinano la soddisfazione del personale. (autore)

La crescente importanza del capitale umano pone la motivazione e la soddisfazione delle persone tra gli obiettivi chiave delle moderne organizzazioni. Infatti, solo attraverso un clima di lavoro appagante ed un'elevata soddisfazione per il proprio lavoro da parte di ogni attore aziendale è possibile operare il miglioramento continuo e vincere le più importanti sfide competitive. In un'ottica di questo tipo saranno sempre più le organizzazioni che necessiteranno implementare strumenti finalizzati alla misurazione dell'employee satisfaction. Si tratta di costruire un vero e proprio termometro che deve analizzare nel dettaglio i vari aspetti che determinano il clima di una specifica realtà aziendale. Ma attraverso quali aspetti misurare concretamente l'employee satisfaction? Tra gli aspetti fondamentali che influenzano la motivazione e la soddisfazione possiamo sicuramente considerare i seguenti parametri: i riconoscimenti, la partecipazione, la crescita personale, l'ascolto, l'ambiente di lavoro, il coinvolgimento, la comunicazione, la collaborazione, l'organizzazione e il comportamento dei responsabili.


Rivista De Qualitate

De Qualitate Marzo 2001 "Allineatevi si va per mare!". Articolo sull’importanza della condivisione degli obiettivi strategici da parte del management aziendale (autore)

Nel nuovo contesto economico i cambiamenti, una volta soltanto episodici, sono diventati ormai parte del nostro quotidiano. Le organizzazioni caratterizzate da una marcata gerarchia, impegnate nella definizione di piani strategici quinquennali, gestite a suon di regole e procedure, sembrano incontrare non poche difficoltà nella turbolenza che caratterizza ormai da tempo i nostri panorami economici. Il momento storico che stiamo vivendo impone una riformulazione degli aspetti organizzativi. Non si può più pensare all'organizzazione come ad una macchina, perfettamente progettata ed assemblata, in grado di eseguire funzioni programmate in modo predeterminato, senza errori e con la massima efficienza. Le consuete metafore utilizzate per descrivere le aziende: "dobbiamo costruire una macchina da guerra", "la nostra organizzazione funziona come un orologio" sono ormai obsolete, anzi, costituiscono un pericoloso paradigma. Inducono, infatti, a pensare che col passare del tempo tutto rimanga invariato, un po' come avviene all'interno di un orologio: fatto un giro completo ogni ingranaggio si appresta a farne un altro, perfettamente identico a quello precedente! Certo, può suonare l'allarme o meglio la sveglia, ma solo se preventivamente impostato. Questo modo di concepire le organizzazioni non può che condurle all'estinzione. Il termine "estinzione", ci aiuta a rimuovere il vecchio paradigma, non più aziende fatte da parti meccaniche assemblate tra loro, ma organismi viventi, esseri complessi in un ambiente in continuo mutamento dove, come la natura insegna, la sopravvivenza è determinata dalla capacità di adattamento.